Felicia Bartolotta Impastato

Felicia Bartolotta Impastato nasce da una famiglia borghese. Nel 1947 si sposa con Luigi Impastato, l’uomo appartiene ad una famiglia di allevatori legati alla mafia di Cinisi. Il 5 gennaio del 1948 nasce Giuseppe, nel 1949 nasce Giovanni (che morirà dopo 3 anni) e nel 1952 nasce il terzo figlio, chiamato anche lui Giovanni. Luigi Impastato fu confinato a Ustica insieme ad altri mafiosi e durante la guerra aveva fatto il contrabbando di generi alimentari. Lo zio di Peppino era Cesare Manzella, capomafia del paese, ucciso dall’esplosione di un auto imbottita di tritolo. Felicia non sopporta l’amicizia di Luigi con Gaetano Badalamenti (diventato capomafia di Cinisi) e litiga con il marito. Questo contrasto con Luigi aumenterà con l’inizio dell’attività politica di Peppino. Per 15 anni, fino alla morte di Luigi, Felicia lotterà per le amicizie del marito e per difendere il figlio che denuncia i potenti locali e i mafiosi. Felicia difende il figlio anche dal marito che lo ha cacciato di casa, ma nello stesso tempo vorrebbe che Peppino smettesse di continuare la lotta alla mafia. Infatti, appena viene a sapere che Peppino ha scritto un articolo sul giornale “l’idea socialista” fa di tutto per non farlo pubblicare. Non ha il coraggio di ascoltare i comizi del figlio, ma sa di cosa avrebbe parlato, e chiede ai suoi amici di non farlo parlare di mafia. Morto il padre di Peppino che rappresentava comunque una protezione per il figlio, Felicia si rende conto che la vita di Peppino è in pericolo. E il 9 maggio 1978 sui binari, infatti, accade il peggio: viene trovato il corpo di Peppino. Felicia si costituisce così parte civile, anche per proteggere il figlio Giovanni. Questa decisione crea la rottura con i parenti del marito che le consigliavano di non rivolgersi alla giustizia. Al processo contro Badalamenti lei lo accusa di essere il mandante dell’assassinio di suo figlio. Badalamenti sarà condannato. Felicia ha sempre detto di non volere vendetta ma giustizia; ma non ha mai perdonato gli assassini di suo figlio neanche da morti. Il giorno in cui la Commissione Parlamentare Antimafia, le consegna la relazione in cui si afferma che i carabinieri e i magistrati avevano depistato le indagini lei dice: “Avete resuscitato mio figlio”. Felicia Bartolotta appare come una donna molto forte e coraggiosa, una donna a cui la mafia ha strappato la vita, una madre che ha il coraggio di reagire a una famiglia, a un paese, alla mafia scegliendo la giustizia. Contro gli uomini della mafia a vincere è una donna che di fronte alle finestre chiuse dei suoi compaesani sottomessi alla mafia, spalanca la porta della sua casa scegliendo di non fermarsi, supportata dallo straziante dolore del lutto. Il suo messaggio, ormai eterno, è quello di cercare giustizia e non vendetta. Ad ogni costo.

GIULIA MONDELLO

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