La tonnara di San Giorgio

Tratto dal giornale cartaceo n.6

La storia del bellissimo borgo marinaro di San Giorgio si identifica con quella della sua tonnara, le cui origini si fanno risalire al 1060 circa, ai tempi del Conte Ruggero d’Altavilla.;  è, però, a partire dal 1407 che la sua attività viene documentata da un rescritto del 27 giugno di quell’anno del  Re Martino, il quale donava in feudum a Berengario Orioles, barone di San Pietro  (l’attuale San Piero Patti), il tratto di mare “Sancti Georgii”,  comp
reso tra la punta Fetente ed il Vallone  Salik  (Saliceto), con diritto di far tonnara.

Re Alfonso, nel 1442 estese la donazione del mare fino alla punta di Mongiove:  tale ampliamento fu confermato nel 1460 e, successivamente nel 1580.

I primi insediamenti risalgono al 1680, ma bisogna attendere quasi un secolo per certificare, con
censimento, l’esistenza di sei nuclei familiari, facenti parte del distretto di Galbato e provenienti dalla tonnara di cui quella di San Giorgio era una “succursale”, che a fine ottocento giunse nelle mani della nobile famiglia Cumbo.

ll lavoro dei “tonnaroti” iniziava in aprile quando venivano poste in mare una serie di reti  di cocco e di canapa a formare un vastissimo edificio subacqueo detto “isola”, largo al centro e stretto alle due estremità chiamate “testa di levante” e “testa di ponente”:  questa disposizione induceva  i tonni ad addentrarsi sempre più nelle maglie interne fino ad arrivare alla cosiddetta “camera della morte”,  legata alla terraferma da un masso di sabbia e di ghiaia, semiaffossato nella spiaggia.  In maggio, dalle tonnare, partivano le barche, una sorta di chiatte, che agli ordini del Rais partecipavano alla mattanza. Questa veniva compiuta accerchiando le reti dell’ultima camera, quella della morte, e tirandone poco a poco sulle barche i lembi esterni finché affioravano i tonni che venivano  presi dalle barche con degli arpioni che causavano la perdita del sangue dei pesci.
La fama che accompagnava la tonnara di San Giorgio era legata alla sua macchina organizzativa, non solo per il copioso passaggio dei tonni tra il “centro” e le isole Eolie, ma per gli stabilimenti dove avveniva la pulitura, la liscatura e l’inscatolamento del tonno, che ha caratterizzato per quasi un millennio, il villaggio dei pescatori, rendendolo uno dei più rinomati del Territorio.

La tonnara, il 31 marzo 1963 cessa di calare ed è rimessa a dimora. Nel 1973, circa dieci anni dopo,  usufruisce di finanziamenti pubblici, viene tirata fuori e calata. La  ciurma, “I fanatici del bastardo”, dal nome della barca sulla quale erano stati imbarcati, era raffazzonata: qualche anziano pescatore e molti ragazzi; ma la pesca tradizionale del tonno non era più proficua  ed i discendenti del casato Cumbo cedettero terre e palazzi abbandonando del tutto la tonnara: le barche, i palischermi, i galleggianti e le ancore lasciati all’incuria più totale erano muti testimoni di un’era definitivamente conclusa. Gli immobili, sottoposti per decenni ad inesorabile abbandono caddero in preda agli sciacalli: scomparvero le ancore, furono distrutti palischermi e barche.
Gli abitanti di San Giorgio furono costretti  a rinnegare la storia marinara cedendo alla speculazione edilizia: cedettero il loro terreno in cambio di un appartamento fornito dei nuovi ritrovati della Tecnica.

Della struttura originaria restano soltanto l’impianto planimetrico e la volumetria. L’inattività delle varie amministrazioni  ha portato la tonnara ad un forte stato di degrado e alla scomparsa di molti reperti.

È storia di qualche anno fa, quando nel 2010 una società privata, la Canalis, si è aggiudicata i resti dell’immobile in una vendita all’asta. Un fatto gravissimo dovuto ad un vizio di notifica da parte della Regione Sicilia, che avrebbe dovuto esercitare diritto di prelazione sull’immobile, al fine di realizzare un Museo della Tonnara. E i “sangiurgioti” ancora aspettano…..

FRANCESCO TINE’ E MICHELE RIGOLI

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